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a settimana prossima avrà inizio un secondo tempo di una partita molto difficile che consorziati e comitato stanno conducendo contro il Consorzio. Avrà finalmente inizio la verificazione decisa dal TAR.

Il campo da gioco è l’arena giudiziaria e la nostra squadra si sta comportando bene. Abbiamo anche altre partite in corso, sul fronte tributario, e siamo fiduciosi in un esito positivo del contenzioso. Ma la guerra non si vince davanti ai tribunali, perché il problema è più politico che giudiziario, politico nel senso di contrapposizione di interessi di vaste categorie di soggetti su questioni, a volte, di vitale importanza.

Non nascondiamocelo, il Consorzio è un ente controllato dalla Regione, le cui aspettative non si limitano alla regolamentazione degli aspetti amministrativi o al semplice monitoraggio degli esborsi finanziari dei consorzi locali, ma investono il più generale problema della gestione della risorsa idrica, problema che diventa rovente laddove vengono in contrasto i legittimi interessi della popolazione con quelli di chi vorrebbe governarne le risorse con un diverso assetto complessivo, anche per conto di soggetti ben al di sopra dell’ambito regionale.

Un piccolo comitato e alcuni volenterosi “combattenti” fin qui hanno fatto quanto potevano, a cominciare da una piccola rivoluzione delle coscienze di chi utilizza l’acqua come fattore per la produzione agricola, oggi più consapevole di come stanno le cose. Ed alcuni risultati importanti e soprattutto irreversibili sono stati raggiunti già nel 2024. Il riparto della contribuenza, per la prima volta, ha assunto come base le spese e non una tariffazione selvaggia da “mercato libero”, attraverso un’imputazione a più centri di costo, alleviando così il carico della contribuenza idrica ed adeguando il carico degli altri Enti, a cominciare dall’ACA, alla depurazione agli altri enti pubblici; la spesa per energia elettrica, per esempio, per la prima volta nel 2023 è stata imputata contabilmente anche alla depurazione, e non solo a parole, e sappiamo che all’interno del Consorzio sono ormai pienamente consapevoli che le spese per la diga di Penne devono essere poste a carico della Regione e non dei consorziati, come pure che il settore della depurazione è una palla al piede per il Consorzio, tanto che hanno deciso di dismettere l’impianto.

Questi sono traguardi dai quali non si torna più indietro e che sembravano lontanissimi solo un anno fa quando c’erano i commissari. Oggi invece sono diventati realtà, e di questo va dato il giusto merito anche al Presidente Tocco che tra mille difficoltà non si è prestato ad una supina ed autodistruttiva replica della gestione passata. Si, la riduzione della contribuenza è ancora di là da venire, ma intanto qualcosa è stato fatto, una soluzione 8% che quanto meno ha segnato uno stop agli aumenti. Per ora.

Ma la battaglia vera è un’altra, come vi dicevo, e dobbiamo esserne consapevoli e prepararci a combatterla in modo diverso. Intanto individuando meglio il contesto, che coinvolge una complessa rete di interessi che vuol regolamentare il settore così come è stato fatto per il gas e l’energia elettrica. Un recente studio di una società di consulenza americana con sedi in tutto il mondo ha evidenziato le criticità dell’attuale modello di gestione dell’acqua in Italia, gestita da una pletora di soggetti eterogenei in dimensioni, funzioni e ordinamento giuridico, tra i quali gli oltre 200 Consorzi di bonifica per quanto riguarda l’acqua di irrigazione. Scarsità di investimenti e stallo del settore che invece potrebbero essere superati con “la realizzazione di un importante programma di interventi coordinato a livello nazionale e basato su una logica costi-benefici con l’obiettivo di creare un’infrastruttura interconnessa e digitalizzata, e dall’altro il consolidamento del settore, passando da circa 190 operatori e 1.400 gestori in economia a non più di 65 gestori.” (fonte: Consolidare il settore, investire in tecnologia e potenziare le infrastrutture. La ricetta di Arthur D. Little per l’acqua, di Antonino Neri su “Energia Oltre”).

La strada tracciata passa anche attraverso un modello tariffario identico a quello che abbiamo già visto e sperimentato con la gestione del gas e dell’energia elettrica, “restituendo ai gestori una maggiore capacità di investimento”. In poche parole, la ricetta proposta è: pochi gestori, tanti investimenti (che pagheremo con le tasse), un sistema tariffario a carico della contribuenza irrigua e potabile ispirata ai canoni del cosiddetto “mercato libero”. Libero da che? Dal rendere il conto, dal contenere i prezzi sulla base dei benefici reali, ma in cambio di una maggiore efficienza complessiva del sistema.

Il solito pollo di Trilussa, un futuro radioso ed interconnesso per pochi, una schiavitù tariffaria per tanti. Pensate solo a quello che ci fanno pagare con il gas e l’energia elettrica e fatevi due conti a quanto arriverà il costo dell’acqua, irrigua o no.

Ora, in questo diverso contesto – ormai alle porte – quale sarà il nostro nuovo nemico? Se non è più il Consorzio, saranno la regione, il governo centrale o le multinazionali?

No, come sempre è l’ignoranza nella quale costoro vogliono relegarci per governare i nostri destini e nello specifico per farci pagare a peso d’oro l’acqua che la Maiella Madre ci regala gratis.

Noi saremo sempre in prima linea per le battaglie attuali e per quelle futuro, ma voi dove siete? Vi interessa la cosa o volete continuare a mettere buongiorno buongiorno sulle chat?